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domenica 5 giugno 2016

Il senso del pudore sta diminuendo o sta aumentando


Esattamente un anno fa, a fine maggio del 2015, Facebook ha impedito la pubblicazione di un post con cui il Club Tenco voleva pubblicizzare un evento canoro intitolato L'eros nella canzone d'autore. La motivazione? Il manifesto disegnato per l'occasione da un certo Milo Manara, uno dei più grandi disegnatori italiani, «viola le linee guida sulle pubblicità del social network, perché promuove prodotti o servizi per adulti, compresi giocattoli, video
 o prodotti per il miglioramento delle prestazioni».
Ovvero, nel 2015, quando per arrivare a un video porno bastano due click, il più grande social network del mondo censura il disegno di una donna realizzato da un maestro del fumetto erotico a causa di una schiena nuda. Non di un cazzo. Non di una scena di sesso orale spinto. Solo una schiena nuda. Tra l'altro, in omaggio a Man Ray.


65 anni prima, il 20 luglio 1950, durante una bollente estate romana, al ristorante da Chiarina in via della Vite, il futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro prese a male parole una ragazza accaldata colpevole di essersi levata il bolerino, una sorta di coprispalle. Alla vista della spalla nuda della donna, Scalfaro avrebbe urlato, secondo quanto riportato dal Foglio: «È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!».
Tra un gesto e l'altro, nei 65 anni di storia del mondo, decenni di lotte civili che hanno portato a leggi sul divorzio, sull'aborto, in molti paesi anche la liberalizzazione dei matrimoni e delle adozioni, nonché una gigantesca rivoluzione culturale – quella del '68 – che ha radicalmente cambiato i costumi sessuali quasi in ogni parte del mondo. Eppure, il gesto di un vecchio democristiano e quello di un nuovo colosso economico e, sì, anche sociale, sono il frutto di una stessa pulsione censoria: il pudore.


«Il pudore è un atteggiamento soggettivo, e per questo è chiaramente molto variabile». A parlare, dall'altro capo del telefono, è il maestro Milo Manara, uno dei più grandi fumettisti italiani, che, volente o nolente, con il pudore degli altri — e non solo di Facebook — ci ha a che fare da tutta la vita.

«È il modo in cui gli esseri umani proteggono sé stessi», continua Manara, «la propria intimità sessuale soprattutto, ma più in generale è un modo di proteggersi dettato dall'educazione ricevuta, dalla cultura di riferimento, dalla propria vita personale. Per qualcuno il pudore può avere una soglia molto alta, per altri molto bassa. È tutto sommato semplice definire che cos'è, ma è impossibile bloccarlo in una sola definizione».
Da quando ha iniziato la sua carriera sono passati quasi cinquant'anni, anni in cui il mondo è cambiato molto. Come si è evoluto il senso del pudore?
Certo, l'ho visto cambiare e cambiare tantissimo. Se negli anni Cinquanta una ragazza fosse andata in giro come va in giro adesso sua nipote credo che l'avrebbero arrestata. Oppure, pensa anche in televisione, oggi ci sono abbigliamenti impensabili, o pubblicità che per gli uomini di qualche decennio fa sarebbero pornografia. A un certo punto, in televisione, era addirittura illegale dire “membro del parlamento” perché era considerata una parola allusiva sessualmente. Ora invece il turpiloquio è usato senza fare una piega. Non c'è comico che non dica “cazzo” ogni tre parole.


Il senso del pudore sta diminuendo o sta aumentando? In che fase crede che siamo?
Direi che negli ultimi anni, probabilmente a causa di attriti di carattere religioso con altre civiltà, ma non solo, stiamo tornando indietro. In ogni caso negli ultimi anni mi sembra che si usi molto più prudentemente il nudo rispetto a prima. Sì, credo sia in atto una involuzione. Il momento più alto della liberalizzazione in questo senso lo abbiamo visto alla fine degli anni Novanta e all'inizio del Duemila, ma ora i tempi stanno cambiando.

Sull'evoluzione del senso del pudore ha contato più la spinta rivoluzionaria del Sessantotto o l'altra rivoluzione, quella televisiva e pop degli anni Ottanta?
È stata una progressione iniziata con il 1968, quando la pulsione è stata sociale, dal basso. Più tardi, come dici bene tu, negli anni Ottanta, quella pulsione è stata sfruttata dalle televisioni commerciali per fare audience, banalizzando la nudità. Sicuramente quegli anni hanno influito molto sull'esibizione dei corpi, anche perché, è vero che hanno iniziato le televisioni private, ma è anche vero che la RAI in qualche anno si è allineata.

E adesso?
Ora io credo che in televisione ci sia un paradosso. C'è molta disinvoltura nei comportamenti, negli abbigliamenti e nel linguaggio, ma in realtà di erotismo non si parla mai, e mai lo si vede. Film erotici, sia in televisione privata che in quella pubblica, mi pare di non vederli.

Perché?
Perché probabilmente c'è ancora un grande timore di censure morali. Siccome le televisione, sia pubbliche che private, purtroppo, dipendono in gran parte dalle sponsorizzazioni e dalle pubblicità, io credo che le aziende siano molto attente e cerchino di arrivare a un tipo di consumatore che in genere sono le casalinghe, le massaie, gli anziani. Quindi, proprio per questo, se stanno bene attenti a non turbarli.

Come a dire che è più facile dire Cazzo che farlo vedere?
Indubbiamente questo, la censura. Ma non c'entra soltanto il sesso. Pensa al destino di chi bestemmia in televisione. Mi sembra di ricordare che sia costato il posto ad almeno un paio di personaggi negli ultimi anni. E invece, al contrario, non c'è nessun tipo di censura sulla violenza. Anzi, è sempre più esibita. Ormai gli unici film o sceneggiati che vengono prodotti in Italia sono basati sulla criminalità, sulla violenza in genere. Anche la maggior parte dei film che vediamo si basano molto più sulla violenza che sull'erotismo. È una società ribaltata, censuriamo gli elementi gioiosi e positivi, come la sessualità e si celebrano elementi mortiferi, come la guerra.

Perché il corpo nudo è così pericoloso?
Il controllo sociale avviene proprio attraverso la sessualità, che è la pulsione più forte che esiste in natura. Non solo negli umani, ma anche negli altri esseri viventi, anche nelle piante. Pensiamo al paradiso terrestre e alla famosa evoluzione umana secondo la Chiesa, che parte da una pulsione erotica, ovvero da Eva e la mela. E la prima conseguenza del peccato, dice la Genesi, è che si accorsero di essere nudi. È l'introduzione del senso del peccato. È da lì che nasce il controllo sociale. Non è un caso che tutte le religioni, nessuna esclusa, si occupino per prima cosa di controllare la sessualità. Chi più e chi meno, certo. L'islam tende ad essere più restrittivo, ma il cristianesimo in realtà non era da meno: il velo esisteva anche da noi. Le suore ce l'hanno ancora. In fondo non c'è così tanta differenza.

Perché le religioni ce l'hanno tanto con la sfera sessuale dei loro adepti?
Il successo di ogni religione si basa su due elementi: eros e thanatos, ovvero il sesso e la morte. Da una parte si preoccupano di offrire soluzioni per esorcizzare la paura della morte — io non credo in dio, quindi devo cavarmela da solo, e purtroppo non posso avere nessun tipo di consolazione dalla morte — l'altra però è quella della sfera sessuale, dell'eros. E quando tieni in pugno queste due sfere, tieni in pugno l'umanità. È una forma di controllo sociale. E c'entra la famiglia.

La famiglia?
Nei famosi e favolosi anni post Sessantotto, il libero amore aveva fatto teorizzare a comunità libere di persone un modello di famiglia diverso da quella che ci impone la “tradizione”. Una famiglia libera, fondata sull'amore libero, in cui i figli sono di tutti, sono in comune. Perché in comunità del genere si può sapere chi è la madre, ma non si può sapere con certezza chi è il padre. Il potere ha bisogno della famiglia, mantiene l'ordine anagrafico per avere il controllo.

Quindi è un dividi et impera?
Sì, perché per controllare una società devi atomizzarla e così è stata favorita la famiglia “tradizionale”, che ora spacciano per “naturale”, ma che in realtà è una costruzione assolutamente artificiale. Difatti la famiglia è la cellula più piccola che c'è nella società. E intesa come la intendono i difensori delle “famiglia naturale” è una invenzione bella e buona. non esiste in natura la famiglia, in natura esiste il branco, lo stormo, la mandria, il banco e via dicendo. Anche per noi, fino alla fine dell'Ottocento la famiglia era molto più larga. E non solo perché si avevano più figli. Non era una famiglia mononucleare, era una comunità. La società si divideva in contrade, in rioni, in cascine, in fattorie, in casolari, aggregazioni molto più larghe, sono forme collettive di comunità.

In che cosa ne sentiamo la mancanza?
Questa composizione sociale evitava tutte le situazioni, che ora sembrano intensificarsi, di violenza in famiglia. Mariti che uccidono le mogli e poi si ammazzano, madri che uccidono i figli e poi si ammazzano. Fino a un secondo prima nessuno sospettava nulla, “erano una famiglia normale”, dicono tutti. Succede perché ogni famiglia è isolata dalle altre. Esistono dirimpettai che non sanno nemmeno come si chiamano. Questo tipo di famiglia, la famiglia che chiamano “tradizionale”, è funzionale al potere perché frammenta la società e la rende sempre più controllabile, più inerte. Ognuno pensa per sé e le organizzazione politiche collettive come i sindacati
 perdono sempre più potere.


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